Norme in materia di autorizzazione all'apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali (1)

Numero della legge: 41
Data: 12 dicembre 2003
Numero BUR: 1
Data BUR: 10/01/2004
L.R. 12 Dicembre 2003, n. 41
Norme in materia di autorizzazione all'apertura ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali (1)


SOMMARIO


Art. 1 - Oggetto e finalità

Art. 1bis Intesgrazione socio sanitaria [abrogato ]
Art. 2 - Compiti della Regione
Art. 3 - Compiti dei comuni
Art. 4 - Autorizzazioni
Art. 5 - Strutture a ciclo residenziale
Art. 6 - Strutture a ciclo residenziale per minori
Art. 7 - Strutture a ciclo residenziale per disabili
Art. 8 - Strutture a ciclo residenziale per anziani
Art. 9 - Strutture a ciclo residenziale per persone con problematiche psico-sociali
Art. 10 - Strutture a ciclo semiresidenziale
Art. 11 - Requisiti per l'autorizzazione all’apertura ed al funzionamento delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale
Art. 12 - Vigilanza
Art. 13 - Sanzioni amministrative
Art. 14 - Norme transitorie
Art. 15 - (Modifiche alla legge regionale 9 settembre 1996, n. 38 e successive modifiche)


Art. 1
(Oggetto e finalità)

1. Al fine di garantire la qualità delle prestazioni socio-assistenziali erogate dai soggetti pubblici e privati, la presente legge detta norme in materia di autorizzazione:
a) all’apertura ed al funzionamento delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, che prestano i servizi socio-assistenziali di cui al comma 2;
b) all’apertura ed al funzionamento delle strutture che prestano i servizi di mensa sociale e di accoglienza notturna, i servizi per la vacanza, i servizi di emergenza e di pronto intervento assistenziale, nonché dei centri diurni di cui agli articoli 25, 26, 28 e 29 della legge regionale 9 settembre 1996, n. 38 (Riordino, programmazione e gestione degli interventi e dei servizi socio-assistenziali nel Lazio) e successive modifiche.

2. I servizi socio-assistenziali di cui al comma 1, lettera a), sono rivolti a:
a) minori, per interventi socio-assistenziali e educativi integrativi o sostitutivi della famiglia sulla base di un piano personalizzato educativo-assistenziale;
b) disabili, comprese le persone affette da malattie cronico-degenerative invalidanti, per interventi socio-assistenziali, finalizzati al mantenimento ed al recupero dei livelli d’autonomia delle persone ed al sostegno della famiglia, sulla base di un piano personalizzato;(2)
c) anziani, per interventi socio-assistenziali finalizzati al mantenimento ed al recupero delle residue capacità di autonomia della persona ed al sostegno della famiglia, sulla base di un piano personalizzato;
d) persone con problematiche psico-sociali prive del necessario supporto familiare, per interventi socio-assistenziali sulla base di un piano personalizzato di riabilitazione sociale, ivi comprese le donne in gravidanza anche con figli minori che non possono provvedere autonomamente al proprio sostentamento, che non abbiano un tessuto familiare adeguato nonché donne vittime di violenza fisica e/o psicologica anche con figli minori.

3. I piani personalizzati di cui al comma 2, in relazione alle specifiche esigenze degli utenti ospitati nelle strutture socio-assistenziali a ciclo residenziale e semiresidenziale, prevedono eventuali prestazioni sanitarie assimilabili alle forme di assistenza rese a domicilio.


4. Ai soggetti che esercitano attività socio-sanitarie si applicano le disposizioni di cui alla legge regionale 3 marzo 2003, n. 4 (Norme in materia di autorizzazione alla realizzazione di strutture e all’esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie, di accreditamento istituzionale e di accordi contrattuali).

5. Per le strutture ed i servizi destinati al recupero ed alla riabilitazione della tossicodipendenza si applicano le disposizioni contenute nell’atto d’intesa tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano di cui all’articolo 4, comma 1, della legge 18 febbraio 1999, n. 45 (Disposizioni per il fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga e in materia di personale dei Servizi per le tossicodipendenze).



Art. 1 bis  (3)
(Integrazione sociosanitaria)





Art. 2
(Compiti della Regione)

1. La Regione, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge:
a) stabilisce, con una o più deliberazioni della Giunta regionale:
1) requisiti strutturali e organizzativi integrativi rispetto ai requisiti previsti dall’articolo 11, differenziati per tipologia d’utenza, ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a);
2) i requisiti per il rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b);
b) (4)


2. La Regione provvede all’aggiornamento dei requisiti di cui alle deliberazioni previste dal comma 1, lettera a), ogni qualvolta l’evoluzione della materia lo renda necessario.


Art. 3
(Compiti dei comuni)

1. I comuni, singoli o associati, rilasciano le autorizzazioni disciplinate dalla presente legge ed esercitano le relative funzioni di vigilanza e di applicazione delle sanzioni, di cui agli articoli 12 e 13, ai sensi dell’articolo 182 della legge regionale 6 agosto 1999, n.14 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo) e successive modifiche.(5)

2. Al fine di concorrere alla realizzazione del sistema informativo regionale di cui all’articolo 49 della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11 (Sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali della Regione Lazio) e successive modifiche, i comuni, singoli o associati, trasmettono alla Regione, con le modalità stabilite con proprio atto dalla struttura regionale competente, copia dei provvedimenti di autorizzazione adottati nonché i dati relativi alle strutture e ai servizi socio-assistenziali autorizzati. (5a)


Art. 4
(Autorizzazioni)

1. L’apertura e il funzionamento delle strutture a ciclo residenziale o semiresidenziale di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), gestite da soggetti pubblici o privati, sono subordinate ad un’unica autorizzazione, necessaria anche in caso di modifiche alle strutture o ai servizi prestati. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione le stesse strutture devono rientrare nelle tipologie individuate agli articoli 6, 7, 8, 9 e 10 e devono garantire il rispetto dei requisiti stabiliti dalla presente legge nonché dei requisiti integrativi stabiliti dalla Giunta regionale ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 1).

2. L’apertura e il funzionamento delle strutture di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), da parte di soggetti pubblici o privati sono subordinate ad un’unica autorizzazione necessaria anche in caso di modifiche alle strutture o ai servizi prestati. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione le stesse strutture devono garantire il rispetto dei requisiti di cui agli articoli 25, 26, 28 e 29 della l.r. 38/1996 e successive modifiche e di quelli stabiliti dalla Giunta regionale ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 2), della presente legge.

3. Le autorizzazioni disciplinate dalla presente legge sono rilasciate, entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta, secondo le modalità e le procedure definite dal comune competente nell’ambito della propria potestà regolamentare.(6)

Art. 4 bis (7)
(Cessione dell’autorizzazione)

1. L’autorizzazione all’apertura ed al funzionamento della struttura che presta servizi socio-assistenziali può essere ceduta a terzi solo a seguito di trasferimento, in qualsiasi forma, del possesso o della detenzione della struttura ad un soggetto diverso da quello autorizzato e verifica della permanenza dei requisiti previsti dalla presente legge da parte del comune competente, che provvede alla relativa voltura entro il termine di cui all’articolo 4, comma 3.
2. In caso di decesso della persona fisica titolare dell’autorizzazione, gli eredi hanno facoltà di continuare l’esercizio dell’attività per un periodo non superiore ad un anno dal decesso, entro il quale gli eredi stessi possono, nel rispetto di quanto previsto dal comma 1, cedere a soggetti terzi l’autorizzazione all’esercizio ovvero provvedere alla voltura dell’autorizzazione in proprio favore.
3. Non rientrano nelle ipotesi di cessione dell’autorizzazione di cui ai commi 1 e 2, e comportano solo una modifica del provvedimento autorizzativo:
a) le trasformazioni della forma giuridica, della denominazione, della ragione sociale o della sede legale del soggetto giuridico precedentemente autorizzato all’esercizio;
b) la sostituzione del rappresentante legale della persona giuridica o organismo del terzo settore.



Art. 4 ter (7)
(Decadenza dell’autorizzazione)

1. L’autorizzazione all’apertura ed al funzionamento della struttura che eroga servizi socio-assistenziali decade in caso di:
a) estinzione del soggetto autorizzato;
b) rinuncia del soggetto autorizzato;
c) provvedimenti definitivi sanzionatori adottati dall’autorità giudiziaria, con sentenza passata in giudicato, nei confronti del legale rappresentante del soggetto autorizzato;
d) trasferimento dell’autorizzazione all’esercizio in mancanza della verifica dei requisiti di cui all’articolo 4 bis, comma 1;
e) mancato inizio dell’attività entro il termine di sei mesi dal rilascio dell’autorizzazione, salvo diverso termine stabilito dal comune competente.”;


Art. 5
(Strutture a ciclo residenziale)

1. Le strutture a ciclo residenziale sono suddivise nel modo seguente:
a) strutture di tipo familiare, destinate ad accogliere fino ad un massimo di sei utenti, per i quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o permanentemente impossibile o contrastante con il piano personalizzato, e che devono possedere i requisiti strutturali previsti per gli alloggi destinati a civile abitazione;
b) strutture a carattere comunitario, caratterizzate dalla flessibilità organizzativa, destinate ad accogliere fino ad un massimo di venti utenti, a seconda delle caratteristiche degli utenti stessi, privi del necessario supporto familiare o per i quali la permanenza nel nucleo familiare sia temporaneamente o definitivamente contrastante con il piano personalizzato;
c) strutture a prevalente accoglienza alberghiera, destinate ad accogliere non più di ottanta persone anziane.(8)

2. Le strutture di cui al comma 1 si distinguono in relazione alle caratteristiche degli utenti nelle tipologie individuate agli articoli 6, 7, 8 e 9.

3. Il limite di cui al comma 1, lettera a), può essere derogato fino ad un massimo di otto utenti con i provvedimenti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 1).


Art. 6
(Strutture a ciclo residenziale per minori)

1. Le strutture a ciclo residenziale per minori si distinguono, indipendentemente dalla denominazione, nelle seguenti tipologie:
a) casa-famiglia, rientrante nelle strutture di tipo familiare di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), destinata ad accogliere minori, anche di sesso ed età diversa e anche disabili;(9)
b) gruppo appartamento, rientrante nelle strutture a carattere comunitario di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), destinato ad accogliere fino ad un massimo di dodici minori, anche di sesso ed età diversi e anche disabili, prevalentemente adolescenti, anche sottoposti a misure dell’autorità giudiziaria, con problematiche la cui complessità richiede un’azione specifica di sostegno e di recupero, anche finalizzata all’inserimento o al reinserimento scolastico, organizzato in maniera da prevedere l'attiva partecipazione degli ospiti alla gestione del servizio; (10)
c) comunità educativa di pronta accoglienza, rientrante nelle strutture a carattere comunitario di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), caratterizzata dalla continua disponibilità e temporaneità dell’accoglienza di un piccolo gruppo di minori, massimo dodici, con un gruppo di educatori che a turno assumono la funzione di adulto di riferimento.(11)

2. (12)

Art. 7
(Strutture a ciclo residenziale per disabili)

1. Le strutture a ciclo residenziale per disabili si distinguono, indipendentemente dalla denominazione, nelle seguenti tipologie:
a) casa-famiglia, rientrante nelle strutture di tipo familiare di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), destinata ad accogliere disabili adulti;
b) comunità alloggio, rientrante nelle strutture a carattere comunitario di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), destinata ad accogliere tra le sette e le venti persone disabili adulte, organizzate in gruppi di massimo dieci persone per ogni modulo organizzativo alle quali vengono assicurate prestazioni alberghiere, azioni di sostegno per lo svolgimento delle basilari attività della vita quotidiana, nonché, a livello di gruppo, azioni ricreative e di laboratorio formativo, tendenti a promuovere forme di integrazione sociale; l'organizzazione deve prevedere l'attiva partecipazione degli ospiti alla gestione del servizio e la disponibilità per ogni gruppo di un posto per esigenze di ospitalità temporanea;
b bis) (13)

Art. 8
(Strutture a ciclo residenziale per anziani)

1. Le strutture a ciclo residenziale per anziani si distinguono, indipendentemente dalla denominazione, nelle seguenti tipologie:
a) casa-famiglia, rientrante nelle strutture di tipo familiare di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), destinata ad accogliere persone anziane; (14)
b) comunità alloggio, rientrante nelle strutture a carattere comunitario di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), destinata ad accogliere persone anziane; (14) (15)
c) casa di riposo, rientrante nelle strutture a prevalente accoglienza alberghiera, di cui all’articolo 5, comma 1, lettera c), destinata ad accogliere persone anziane, nella quale vengono assicurati, oltre alle prestazioni di tipo alberghiero, interventi culturali e ricreativi nonché servizi specifici a carattere socio-assistenziale; (14)
d) casa-albergo, rientrante nelle strutture a prevalente accoglienza alberghiera, di cui all’articolo 5, comma 1, lettera c), destinata ad accogliere persone anziane autosufficienti, sole o in coppia, e consistente in un complesso di appartamenti provvisti di servizi sia autonomi sia centralizzati, ubicata in zone urbanizzate e fornita di adeguate infrastrutture e servizi sociali.




Art. 9 (16)
(Strutture a ciclo residenziale per persone con problematiche sociali)

1. Le strutture a ciclo residenziale per persone con problematiche psicosociali si distinguono nella casa famiglia, rientrante nella tipologia di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), nella comunità alloggio e nella comunità di pronta accoglienza, rientranti nella tipologia di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), e sono destinate ad accogliere:
a) persone in condizioni di disagio sociale, che necessitano di assistenza alloggiativa e sostegno nel percorso di autonomia e di inserimento o reinserimento sociale, quali ex detenuti, soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà personale, persone o nuclei familiari senza fissa dimora ed ex tossicodipendenti;
b) ragazzi maggiorenni, già ospiti in strutture residenziali per minori o presso famiglie affidatarie, per il completamento del loro percorso di autonomia;
c) persone con patologie psichiatriche stabilizzate prive di adeguato supporto familiare, in carico per gli aspetti sanitari ai competenti servizi sanitari delle aziende sanitarie locali, avviate a percorsi di acquisizione di autonomia e di reinserimento sociale;
d) donne, anche con figli minori, che siano gestanti o madri in situazione di disagio sociale o donne vittime di violenza fisica o psicologica o vittime della tratta e sfruttamento sessuale, per le quali si renda necessario il distacco dal luogo in cui è avvenuta la violenza e l’inserimento in una comunità.


Art. 9 bis (17)
(Programmi per la semiautonomia)


1. I programmi per la semiautonomia offrono un sostegno a livello abitativo e servizi di supporto e accompagnamento all’autonomia personale, sociale e lavorativa a persone disabili e a persone con patologie psichiatriche o con problematiche sociali, con capacità di autogestione e autonomia tali da non richiedere la presenza di operatori in maniera continuativa tramite l’enunciazione di precise fasce orarie definite in base al progetto specifico.
2. I programmi per la semiautonomia sono offerti in appartamenti di civile abitazione, organizzati come nuclei abitativi familiari che accolgono fino ad un massimo di sei ospiti con bisogni omogenei o compatibili, coinvolti in maniera continua e diretta nella conduzione e nella gestione della vita quotidiana.
3. Fermi restando i requisiti previsti dall’articolo 11, commi 1 bis e 1 ter, i requisiti strutturali e organizzativi nonché le modalità per l’attuazione dei programmi di cui al presente articolo sono definiti con deliberazione della Giunta regionale. (17b)


Art. 10
(Strutture a ciclo semiresidenziale)


1. Le strutture a ciclo semiresidenziale sono caratterizzate da ospitalità di tipo diurno e da un diverso grado di intensità assistenziale in relazione ai bisogni dell’utenza. Tale ospitalità può essere offerta da apposite strutture o all’interno o in collegamento con le strutture a ciclo residenziale a carattere comunitario, con esclusione di quelle per minori, e a prevalente accoglienza alberghiera.

2. Ai fini dell’ospitalità di tipo diurno, le strutture di cui al comma 1 devono avere una capacità ricettiva massima di trenta utenti e devono assicurare:
a) la somministrazione dei pasti;
b) l’assistenza agli ospiti nell’espletamento delle normali attività e funzioni quotidiane;
c) le attività ricreative, educative, culturali ed aggregative.



Art. 11
(Requisiti per l’autorizzazione all’apertura e al funzionamento
delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale)


1. Al fine del rilascio dell’autorizzazione all’apertura e al funzionamento, le strutture di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), devono garantire il rispetto dei requisiti previsti dalle norme vigenti in materia urbanistica, edilizia, di prevenzione incendi, di igiene e sicurezza nonché l’applicazione dei contratti di lavoro e dei relativi accordi integrativi in relazione al personale dipendente. Le stesse strutture devono garantire, altresì, fatti salvi i requisiti strutturali e organizzativi integrativi stabiliti dalla Giunta regionale ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 1), il rispetto dei seguenti requisiti:
a) ubicazione in luoghi abitati facilmente raggiungibili con l’uso di mezzi pubblici, comunque tale da permettere la partecipazione degli utenti alla vita sociale del territorio e facilitare le visite agli ospiti delle strutture salvi motivi di sicurezza o laddove l’ubicazione in area non urbana risulti funzionale alla realizzazione di specifici progetti, anche sperimentali;
b) assenza di barriere architettoniche in relazione alle caratteristiche delle strutture e dell’utenza accolta;
c) dotazione di spazi destinati ad attività collettive e di socializzazione distinti dagli spazi destinati alle camere da letto, organizzati in modo da garantire l’autonomia individuale, la fruibilità e la privacy;
d) presenza di figure professionali qualificate in relazione alla tipologia del servizio prestato, alle caratteristiche e ai bisogni dell’utenza ospitata, ferma restando la necessità di garantire un adeguato rapporto tra operatori e utenti. Per le strutture residenziali e semiresidenziali per persone con disabilità di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), il rapporto tra operatori e utenti è così determinato:

1) un operatore ogni 4 utenti, in caso di disabilità moderata e severa;

2) un operatore ogni 3 utenti, in caso di disabilità completa e grave; (17a)
e) individuazione di un coordinatore responsabile della struttura e del servizio prestato;
f) uso di un registro degli ospiti;
g) predisposizione per gli ospiti di un piano personalizzato di assistenza ai sensi dell’articolo 1, comma 2, che indichi, in particolare, gli obiettivi da raggiungere, i contenuti e le modalità dell’intervento e il piano delle verifiche;
h) organizzazione delle attività nel rispetto dei normali ritmi di vita degli ospiti;
i) adozione di una carta dei servizi sociali, nella quale siano indicati, fra l’altro, i criteri per l’accesso, le modalità di funzionamento della struttura, le tariffe praticate con indicazione delle prestazioni ricomprese.
1 bis. Al fine del rilascio dell’autorizzazione all’apertura ed al funzionamento il titolare dell’autorizzazione:
a) non deve:
1) trovarsi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) o in corso di un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni;
2) trovarsi in pendenza di un procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’articolo 6 del d.lgs. 159/2011 o di una delle cause ostative previste dall’articolo 67 del d.lgs. 159/2011; l’esclusione e il divieto operano se la pendenza del procedimento riguarda il titolare o il direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; i soci o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo, i soci accomandatari o il direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico o il socio unico persona fisica, ovvero il socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società;
3) essere oggetto di sentenza di condanna passata in giudicato, o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o dell’Unione europea che incidono sulla moralità professionale; è comunque causa di esclusione la condanna, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’articolo 57, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE; l’esclusione e il divieto operano se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; dei soci o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso l’esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata; l’esclusione e il divieto in ogni caso non operano quando il reato è stato depenalizzato ovvero quando è intervenuta la riabilitazione ovvero quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima;
4) aver commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio;
5) aver commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti;
6) aver commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti;
b) non deve essere stato condannato con sentenza di condanna passata in giudicato, ovvero avere procedimenti penali in corso per reati di cui alle sezioni I, II e III del capo III del titolo XII (Dei delitti contro la persona) del Libro secondo del codice penale;
c) non deve essere incorso in provvedimenti di cui all’articolo 13, comma 1, lettere b) e c) della l.r. 41/2003 nei due anni precedenti la richiesta di autorizzazione.(18)
1 ter. Il responsabile e gli operatori della struttura non devono essere stati condannati con sentenza di condanna passata in giudicato, ovvero avere procedimenti penali in corso, per reati di cui al titolo IX (Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume) al capo IV del titolo XI (Dei delitti contro la famiglia) e al capo I e alle sezioni I, II e III del capo III del titolo XII (Dei delitti contro la persona) del Libro secondo del codice penale. Gli operatori devono altresì possedere idoneità psico-attitudinale per le mansioni da svolgere, attestata da idonea certificazione sanitaria.(18)



Art. 12 (19)
(Vigilanza)


1. La funzione di vigilanza sulle strutture e sui servizi del sistema integrato è esercitata dai comuni, singoli o associati, competenti per territorio mediante almeno un’ispezione annuale senza preavviso, al fine di verificare i requisiti funzionali ed organizzativi degli stessi, il benessere degli utenti e l’attuazione dei piani personalizzati di assistenza.
2. Le aziende sanitarie locali svolgono funzioni di vigilanza e controllo sulle strutture e sui servizi presenti nel loro territorio in materia di sicurezza, igiene e sanità, per la salvaguardia della salute e del benessere degli utenti, nonché del personale addetto.

2bis. La funzione di verifica dello stato di salute degli ospiti delle strutture di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c), e la valutazione multidimensionale sul livello di autosufficienza è esercitato dalle aziende sanitarie locali in raccordo con i medici di medicina generale. (19a)


3. I comuni inviano annualmente alla Regione una relazione sull’attività di vigilanza effettuata.



Art. 13
(Sanzioni amministrative)

1. Salvo che il fatto costituisca reato:
a) qualora siano riscontrante irregolarità, il comune diffida il soggetto autorizzato ai sensi della presente legge a provvedere, assegnando un termine per la regolarizzazione; decorso inutilmente tale termine, è disposta la sospensione dell’autorizzazione e la chiusura dell’attività fino a quando siano rimosse le cause che hanno determinato il provvedimento; il provvedimento perde efficacia a seguito dell’accertamento della rimozione delle cause che l’hanno determinato;
b) nel caso di gravi o ripetute violazioni di legge o di gravi disfunzioni assistenziali il comune dispone la revoca dell’autorizzazione e la chiusura dell’attività;
c) nel caso di apertura e funzionamento di strutture o prestazione di servizi di cui alla presente legge in assenza di autorizzazione o in locali diversi da quelli autorizzati si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di euro 5.000,00 ad un massimo di euro 25.000,00 nonché la chiusura dell’attività;
d) nel caso di sospensione dell’attività delle strutture o della prestazione dei servizi di cui alla presente legge per un periodo superiore a trenta giorni in assenza di preventiva comunicazione al comune competente, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di euro 2.500,00 ad un massimo di euro 10.000,00.

2. La chiusura dell’attività nei casi di cui al comma 1, lettere a), b) e c), viene disposta dal comune previa adozione delle misure necessarie a tutela degli utenti, che devono essere ospitati in condizioni strutturali e ambientali comunque adeguate alla loro condizione e al piano personalizzato di cui alla presente legge.


Art. 14
(Norme transitorie)

1. Fino all’emanazione della deliberazione prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 1), i comuni, per le strutture di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a) che hanno presentato domanda di autorizzazione all’apertura e al funzionamento:
a) prima della data di entrata in vigore del decreto del Ministro per la solidarietà sociale 21 maggio 2001, n. 308, (Regolamento concernente “Requisiti minimi strutturali e organizzativi per l’autorizzazione dell’esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, a norma dell’articolo 11 della L. 8 novembre 2000. n. 328”) rilasciano autorizzazioni secondo la normativa regionale vigente a tale data;
b) dopo la data di entrata in vigore del decreto del Ministro per la solidarietà sociale n. 308/2001 e prima della data di entrata in vigore della presente legge, rilasciano autorizzazioni secondo i requisiti strutturali ed organizzativi di cui al decreto stesso, ferma restando l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 34, comma 4, della l.r. 38/1996 e successive modifiche, relativamente alla tipologia ed alla capacità ricettiva delle strutture;
c) dopo la data di entrata in vigore della presente legge, rilasciano autorizzazioni secondo i requisiti strutturali ed organizzativi di cui al decreto del Ministro per la solidarietà sociale n. 308/2001 e nel rispetto delle disposizioni della presente legge relativamente alla tipologia ed alla capacità ricettiva delle strutture.

2. Fino all’emanazione della deliberazione prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera a), numero 2), ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’apertura e al funzionamento delle strutture di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), i comuni applicano la normativa vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.

3. Fino all’emanazione del regolamento prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera b), ai fini del rilascio delle autorizzazioni disciplinate dalla presente legge i comuni applicano le modalità e le procedure di cui alla normativa vigente prima della data di entrata in vigore della legge stessa.

4. Per le strutture pubbliche funzionanti e quelle private autorizzate alla data di entrata in vigore della presente legge nonché le strutture che hanno ottenuto l’autorizzazione entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge ai sensi dei commi 1 e 2, la Giunta regionale, con propria deliberazione, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa, stabilisce appositi requisiti strutturali ed organizzativi integrativi, anche in deroga ai requisiti di cui alla deliberazione prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera a).

5. Le strutture di cui al comma 4 si adeguano alle disposizioni della presente legge, fatti salvi i requisiti integrativi in deroga stabiliti dalla deliberazione della Giunta prevista nello stesso comma, entro cinque anni dalla data di pubblicazione della medesima deliberazione (20). Decorso inutilmente tale termine, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 13 concernenti la revoca dell’autorizzazione e la chiusura dell’attività.

6. L’attività sanitaria svolta all’interno delle strutture socio-assistenziali prosegue fino all’adozione dei regolamenti di cui alla l.r. 4/2003 nonché dei provvedimenti di attuazione della presente legge.



Art. 15
(Modifiche alla legge regionale 9 settembre 1996, n. 38 e successive modifiche)




(21)






Note:


(1) Pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 10 gennaio 2004, n. 1

(2) Lettera modificata dall'articolo 69, comma 1, lettera a), numero 1), della legge regionale10 agosto 2016, n. 11

(3) Articolo inserito dall'articolo 69, comma 1, lettera b), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11 e poi abrogato dall'articolo 10, comma 1, lettera a), della legge regionale 28 dicembre 2018, n. 13

(4) Lettera abrogata dall'articolo 69, comma 1, lettera c), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(5) Comma modificato dall'articolo 69, comma 1, lettera d), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(5a) Comma sostituito dall'articolo 13, comma 2, della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14

(6) Comma modificato dall'articolo 69, comma 1, lettera e), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(7) Articolo inserito dall'articolo 69, comma 1, lettera f), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(8) Lettera modificata dall'articolo 69, comma 1, lettera g), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(9) Lettera modificata dall'articolo 69, comma 1, lettera h), numero 1), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(10) Lettera modificata dall'articolo 69, comma 1, lettera h), numero 2), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(11) Lettera modificata dall'articolo 69, comma 1, lettera h), numero 3), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(12) Comma abrogato dall'articolo 69, comma 1, lettera h), numero 4), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(13) Lettera aggiunta dall'articolo 5, comma 1 della legge regionale 27 febbraio 2009, n. 2, poi sostituita dall'articolo 1 della legge regionale 6 aprile 2009, n. 7 e da ultimo abrogata dall'articolo 69, comma 1, lettera i), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(14) Lettera modificata dall'articolo 69, comma 1, lettera j), lettera a), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(15) Lettera modificata dall'articolo 69, comma 1, lettera j), lettera b), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(16) Articolo sostituito dall'articolo 69, comma 1, lettera k), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(17) Articolo inserito dall'articolo 69, comma 1, lettera l), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(17a) Lettera sostituita dall'articolo 14, comma 11, della legge regionale 27 febbraio 2020, n. 1 e successivamente dall'articolo 3, comma 58, della legge regionale 30 dicembre 2020, n. 25

(17b) Comma sostituito dall'articolo 32, comma 1, della legge regionale 11 agosto 2021, n. 14

(18) Comma aggiunto dall'articolo 69, comma 1, lettera m), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(19) Articolo sostituito dall'articolo 69, comma 1, lettera n), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

(19a) Comma inserito dall'articolo 10, comma 1, lettera b), della legge regionale 28 dicembre 2018, n. 13

(20) Per la proroga del termine vedi l'articolo 10 della legge regionale 24 dicembre 2009, n. 32

(21) Articolo abrogato dall'articolo 72, comma 1, lettera h), della legge regionale 10 agosto 2016, n. 11

Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l'efficacia degli atti legislativi originari.